Nell’ordinamento dell’unione europea, i diritti collettivi del lavoro sono oggetto di una disciplina frammentata e contraddittoria. Infatti, all’importante ruolo riconosciuto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti si contrappongono una limitata elaborazione normativa in materia di contrattazione collettiva e l’assoluta mancanza di competenza regolativa in materia di sciopero. Inoltre, nella giurisprudenza della Corte di giustizia si è affermato, nel corso degli anni, un orientamento interpretativo che ha avuto l’effetto di restringere progressivamente i margini del legittimo esercizio dei diritti sociali nelle situazioni di conflitto con le libertà economiche fondamentali e con le norme poste a tutela della concorrenza. L’emanazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che pure riconosce ed eleva al rango primario i diritti di associazione sindacale, informazione e consultazione, negoziazione e azione collettiva, non sembra aver mutato sostanzialmente il quadro descritto, nonostante le aspettative che erano state riposte in essa. A questo volume si inserisce nel dibattito generatosi intorno alla sorte dei diritti sociali nel contesto dell’integrazione europea, proponendo una particolare chiave di lettura della Carta. Riunendo i tre diritti collettivi fondamentali all’interno di una cornice concettuale uniforme, la rappresentanza collettiva dei lavoratori, è possibile fare emergere le loro connessioni sistematiche e l’autonoma configurazione gerarchica che essi rivestono nel sistema delle fonti europee. Ciò consente di approdare a risultati esegetici innovativi, suscettibili di promuovere un ripensamento dei consolidati equilibri giurisprudenziali e di politica del diritto, infondendo una nuova vitalità alle prospettive dell’ “Europa sociale”.